Vincenzo Andraous - anno scolastico 2009-2010
Vincenzo Andraous - 12-08-2010
Il mondo adulto dovrebbe possedere più ardimento nell'affrontare la nuova sfida educativa, perché è proprio questa paura ad avere influenzato negativamente gli stili comportamentali dei giovani, questi messaggi ambivalenti stanno alimentando l'inganno dell'abitudine generando la sofferenza di quel mal di vivere in tanti nostri figli.
Vincenzo Andraous - 06-08-2010
Nelle scuole a parlare di bullismo, senza indebite appropriazioni, sfuggendo l'elargizione dei soliti consigli, perché su questo fenomeno accade di sentire che il mondo adulto, professorale, genitoriale, è confuso, perché non è sufficientemente formato per accorgersi, eventualmente per indagare, intervenire, aiutare, non è attrezzato per mettersi di traverso a questo proliferare di guerrieri in erba.
Eppure una buona dose di intenzionalità al fare male, di persistenza nell'usare il colpo di taglio, una asimmetria a dir poco scandalosa, non possono restare sottotraccia, non consentire un più appropriato accertamento su quanto si genera in una classe e si rigenera intorno a noi.
Forse per reimpostare il presente, occorre un po' di pedagogia della nonna, ossia del buon esempio, che riporta consapevolezza del rispetto come valore inalienabile, persino per chi lo ha sempre inteso come una merce di scambio.
Vincenzo Andraous - 28-06-2010
Per superare la non-raccontabilità del carcere italiano occorre avere più coraggio per ciò in cui si crede, per non lasciare inalterata questa condanna aggiunta ingiustamente alla condanna da scontare, affinché l'uomo che convive con la propria pena, colga il senso di ciò che si porta dentro.
Chi sbaglia e paga il proprio debito con decenni di carcere ( quando giungerà il tempo di sostituire quel verbo "pagare" con "riparare" sarà sempre troppo tardi ), attraversa davvero tempi e contesti di un lungo viaggio di ritorno, lento e sottocarico.
Non c'è più l'uomo sconosciuto a se stesso, ma uomini nuovi che tentano di riparare al male fatto, con una dignità ritrovata, accorciando le distanze tra una giusta e doverosa esigenza di giustizia per chi è stato offeso, e quella società che è tale perché offre, a chi è protagonista della propria rinascita, opportunità di riscatto e di riparazione.
Vincenzo Andraous - 06-05-2010
In una classe anonima del nord più attrezzato di denari e culture incrociate, s'è fatto avanti un altro gruppetto di spavaldi, di iracondi, di ometti a gambe larghe e mani in tasca, dietro il muro creato a misura dai compagni complici-vittime plaudenti: hanno afferrato una compagna, l'hanno denudata, tentando l'infamia più grande di una violenza finale.
Mentre la classe recitava la commedia, il professore incartato nelle nozioni trasmesse, il branco alle prime armi faceva man bassa di dignità e innocenza, mentre la bambina è a terra nel silenzio più colpevole.
Un paio sono stati arrestati, l'accaduto ha destato clamore, l'oltraggio su una bambina non permette attenuanti, la strategia assunta per lacerare il cuore e la carne, troppo plateale per essere scambiata per una ragazzata.
Vincenzo Andraous - 28-04-2010
Il carcere reclama sacrifici umani, lo fa con inusitata violenza, senza andare troppo per il sottile, in fin dei conti parliamo di materiali difettati, di prodotti cancerogeni, di merce da smaltire in fretta senza fare rumore.
Sul carcere non è consentito affermare un bel niente davanti al collasso della giustizia che dovrebbe sostenere il diritto all'equità e alla dignità di una pena da scontare non solamente come castigo fine a se stesso, bensì per ritornare a essere uomini che possono rientrare in seno alla collettività.
Dall'inizio dell'anno uno, cinque, dieci, venti corpi avvelenati dall'incuria, con gli occhi spalancati e resi ciechi dal dolore della solitudine.
Vincenzo Andraous - 23-04-2010
Del carcere si parla per levarci di torno un fastidio, per non rendere giustizia a chi è stato offeso né a chi l'offesa l'ha recata.
Se ne parla per rendere nebulosa e poco chiara ogni analisi, un messaggio annichilente che impedisce di intervenire.
Il detenuto non è un numero, invece la realtà che deborda da una prigione è riconducibile all'umiliazione che produce il delitto, ogni delitto nella sua inaccettabilità.
Risocializzare, reinserire, non sono solamente termini e concetti trattamentali da seguire e svolgere, essi purtroppo stanno a sottolineare l'inadeguatezza al dettato Costituzionale, per l'impossibilità di rendere fattivo l'intervento rieducativo, non usare questi strumenti e di contro incancrenire la convivenza, equivale a dichiarare fallito l'ideale della promozione umana.
Vincenzo Andraous - 08-04-2010
La politica è un punto dolente per sua esplicita ammissione, infatti non fa più proseliti né sforna nuovi eroi, rimane lì, a barcamenarsi tra spot elettorali e slogan scopiazzati qua e là.
Gli uomini al vertice, quelli a metà, gli altri alla base della piramide, sono a disagio nell'agire comune per programmare minimi obiettivi, per cui diventa miraggio la pratica condivisa nell'impegno di una buona vita, molto meglio stare in ordine sparso, in attesa, pronti al balzo.
Un microcosmo di gestualità portate di taglio per fare più male, di parole lanciate come fossero cluster bomb per esser certi di conseguire il danno importante.
Vincenzo Andraous - 27-03-2010
A volte lo sport entra in carcere esclusivamente per intrattenere e divertire, come unico obiettivo il gioco, eppure il detenuto corre e suda da quel "dentro", che è il frutto di un "fuori", che non può essere dissolto solo perché segregato e nascosto.
Nella differenza che diventa la forza e la magia dello sport in carcere, e si manifesta nel carico di "energie" che viene riversato sulla scena, un condensato di sofferenza e frustrazione, forzatamente compresso e coattato.
Vincenzo Andraous - 23-02-2010
Un fermo di routine della Polizia di Stato ha consentito il ritrovamento di un tirapugni sull'auto di un ragazzo da poco diventato diciottenne, un tirapugni per incontrarsi dietro l'angolo. Forse non è il caso di farne un dramma, di esagerare con le parole, di mischiare quel che è successo con ciò che non è possibile prevedere, ma la mia esperienza, unita a quella di tanti altri ragazzi che faticando, lavorando, impegnandosi, ritornano a vivere nella Comunità Casa del Giovane, mi spingono a pensarla diversamente, a tenere ben presente il rischio che possa accadere l'irreparabile, ciò che nessun padre e nessuna madre vorrebbero succedesse al proprio figlio, cìò che un adolescente non riesce neppure a immaginare, la vita a perdere di qualcuno, la propria esistenza gettata in pasto a una cella lontana dalla propria famiglia.
Vincenzo Andraous - 20-02-2010
...ma sul problema vero dell'uso e abuso, della accessibilità ad ogni angolo di strada, facciamo come gli struzzi, e affermiamo di non conoscerne il dramma, mentre ognuno di noi, adulti-genitori-educatori, potrebbe scrivere un trattato sul pericolo che ne deriva e affonda gli artigli sulla carne dei nostri figli.
Vincenzo Andraous - 13-02-2010
Ancora uomini a morire, ancora giovani a cadere, numeri che si accatastano in una fossa comune, dove la somma dei cadaveri non crea che qualche fastidio passeggero, usato per non concedere spazio alla pietà.
In carcere si muore, è una continua discesa all'inferno, forse non è più praticabile alcuna osservazione e trattamento del recluso, alcun progetto di ricostruzione interiore, se non fosse per l'eroicità di qualche Direttore, Agente, Operatore penitenziario.
Mi tornano in mente le parole di un grande poeta: la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione.
Vincenzo Andraous - 20-01-2010
Sfogliando un quotidiano ho letto di Frà Beppe Prioli, meglio conosciuto come Fratello Lupo, e della sua opera di bene instancabile, di fatica e sacrificio in dono ai più poveri, agli ultimi, gli invisibili.
La sua è storia che va avanti da quattro decenni, e non credo avrà mai fine, perché sono molti gli uomini che ha contaminato con la sua fede e passione per una nuova cultura della legalità, della giustizia, del perdono che possono e devono andare incontro a tutti, innocenti e colpevoli.
Vincenzo Andraous - 16-01-2010
Occorre parlare ai più giovani, con i loro mondi provocatoriamente chiusi in scatole cinesi, nei miti e nei simboli che tramandano desideri tribali, e uccidono le stesse emozioni, travisando il bisogno di non subordinare mai le passioni alle regole, truccando lo scontro culturale e intimo della trasgressione, per andare rovinosamente a sbattere nella "cultura" dei rischi più estremi.
E' sempre utile stare ad ascoltare quelli che guardano alla vita con occhi smarriti nel tentativo di viverla, e con quegli altri che nella follia lucida tentano di dominarla, inconsapevoli di esserne diventati miseramente schiavi.
Vincenzo Andraous - 09-01-2010
Corre l'anno 2010 e mi continua a colpire l'indifferenza, la disattenzione, con cui si prende atto che in carcere ci si ammazza a vent'anni, a quaranta, a sessanta, nel silenzio più colpevole, ma ciò non provoca alcun brivido, se non quello di prendere per il bavero l'intelligenza.
In questo bailamme di disegni sgangherati, di giustizia dell'ingiustizia, e di ingiustizia della giustizia, in questo abisso: alla prima curva non c'è più a fare da ponte l'uomo, ma lo spettro di una disumana accettazione.
Penso alla politica alta, penso agli uomini che la fanno, penso ai Caino come me che scontano la propria condanna, penso agli Abele dai silenzi protratti, e ricordo i tanti miliardi elargiti a parole nella vecchia legislatura, nella nuova, nella futura, per un progetto "intero", almeno così era stato promesso.
Vincenzo Andraous - 18-12-2009
Sicurezza e rieducazione, un binomio inscindibile, non può esistere l'una senza l'altra, non può trovare tutela e garanzia l'una senza la responsabilizzazione dell'altra. Ma nuovamente questa volontà di confronto è genuflessa da un sovraffollamento carcerario che ha oramai superato il limite più disumano, dal susseguirsi di suicidi al ritmo dei sei al mese, dalle morti sospette che non sanno stare in silenzio, dalle lesioni sparpagliate negli angoli bui.
Vincenzo Andraous - 28-11-2009
Quando si parla di carcere, di pena, di giustizia, in ballo non c'è soltanto l'equità degli uomini, la democrazia di un paese, la capacità della società di non cadere nell'oblio delle assenze, dell'indifferenza.
Il carcere è stracolmo di colpa, di dolore cieco, di corpi differenti, di linguaggi della memoria e delle relazioni ridotti all'ammasso.
Quanto più forte è uno Stato, più forte è il diritto di indignarsi di quanti non vedono riconosciuti i propri diritti: fare giustizia significa sanare una ferita, una lacerazione, costringendo il dolore a trasformarsi nella sofferenza, nella scoperta di essere meno indifesi e impreparati se esiste la possibilità concreta di affidarsi agli altri, a quegli altri che siamo noi.
Vincenzo Andraous - 06-11-2009
"La violenza regna dove l'ingiustizia ingrassa", per chi pensa che al male si risponde con altro male, nell'illusoria convinzione di risolvere i drammi individuali e le tragedie collettive.
C'è sempre un momento nella vita di ciascuno, in cui occorre essere consapevoli che non è possibile sopravvivere a noi stessi, in un carcere, in una cella, dove gli occhi non vedono, le orecchie non ascoltano, mentre il corpo resta inerte, scomparsa la ragione, tramortita la fede.
E' possibile perdonare? E' consentito all'uomo elevare la propria umanità?
Vincenzo Andraous - 23-10-2009
La ragazzina è distesa a terra, il vomito alle labbra, un'adolescente in rianimazione, tra la vita e la morte, la balbuzie esistenziale che non porta conforto né riparazione, solamente disperazione, coma etilico a tredici anni, rischio di morire per abuso di sostanze.
Poco più di una bambina, strangolata dall'alcol, dalla cecità ottusa dell'età, dai desideri adulti improvvisamente insopportabili, sconosciuti e prepotenti.
Quando un ragazzo rotola giù dall'amore che non arriva al cuore, la consuetudine sta nell'uso delle parole sempre più inutili, anche false, perché giustificano sempre e comunque, oppure nel rifugiarsi nella riparazione della "deduzione logica ", negli editti delle buone intenzioni, le solite frasi a effetto.
Vincenzo Andraous - 14-10-2009
I bambini non si toccano mai, non so chi ha coniato questo comandamento, ma chi lo fece, aveva ragione, ne aveva così tanta, che forse anche lui è finito pazzo per il dolore.
I bambini non si toccano mai, o più propriamente gli innocenti non si toccano mai: chi lo disse, è finito crocifisso su qualche croce dimenticata, per un momento infinito è rimasto da solo, con l'urlo in gola a strangolarlo, con le braccia aperte, gli occhi ribaltati, il volto reclinato degli innocenti.
I bambini non si toccano mai, muoiono per strada, sulle auto, sui campi di calcio, muoiono senza colpa né misfatti, per prossimità derivate da terzi, per una sorta di nemesi congenita, che propaga metastasi, come ogni condanna al silenzio.
Vincenzo Andraous - 16-09-2009
In questo carcere che stenta a recuperare alla società, finchè esso stesso non sarà recuperato dalla società, c'è bisogno di accompagnare il dolore con le parole di una giustizia equa, per imparare ad accettarlo come intorno, a colorarlo con il lavoro, la scrittura, la mediazione, i rapporti umani finalmente sbocciati, mantenuti e cresciuti, nel tentativo di modificare questa dimensione disumanizzante in un luogo ancor aperto ad alternative di conoscenza e mutamento interiore.
Vincenzo Andraous - 08-09-2009
Rave party è sgretolamento del concetto di libertà, rispetto a qualunque regola e convenzione, non è accomunabile a una discoteca, non è la trasgressione a una accondiscendenza controllata, rave è altro, il rifiuto a ogni auspicata e non più rinviabile rinascita sociale.
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